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Il bovino, vegano secondo natura
Sostenibilità
17/09/2021
3 min.

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Sostenibilità

La bocca di un animale può rivelare molte cose, come l’età, lo stato di salute, le abitudini alimentari. E se si guarda in bocca un bovino e si osservano i suoi denti scopriremo di essere di fronte a un erbivoro perfetto.

Ci stupirà la totale assenza di canini, quelli che i carnivori (e gli onnivori, uomo compreso) utilizzano per sminuzzare la carne. E poi la mancanza di incisivi sulla mascella, al loro posto un cercine gengivale fibroso, una sorta di “callo”, che insieme agli otto incisivi della mandibola funzionano come una pinza per strappare l’erba. Ai 24 grandi molari, infine, è lasciato il compito di triturare il cibo.

Per fare del bovino un erbivoro perfetto non bastano le caratteristiche della sua bocca. Trasformare cellulosa e lignina dei vegetali in preziose proteine animali richiede ben altro. Un compito affidato a una “batteria” di stomaci che iniziano con il rumine e dopo reticolo e omaso terminano con lo stomaco vero e proprio (abomaso).

Formidabile il lavoro svolto dal rumine, un vero e proprio laboratorio biologico dove miliardi di batteri, protozoi e funghi lavorano instancabilmente nell’aggredire le parti indigeribili dei vegetali (cellulosa e emicellulose) per trasformarle in energia (acidi grassi volatili) e per renderle aggredibili dai succhi digestivi dell’abomaso e assimilabili dall’intestino. Un lavoro lungo, che richiede la collaborazione dell’animale, che dovrà mantenere in movimento il cibo introdotto nel rumine. Poi di richiamarlo alla bocca (ruminazione) per un’ulteriore masticazione e per arricchirlo di saliva, fondamentale per il suo ruolo tampone.

Nel rumine si svolge un’altra mirabolante trasformazione. I miliardi di microrganismi presenti concludono il loro ciclo vitale divenendo a loro volta fonte di proteine nobili, grassi e polisaccaridi assimilabili dal bovino. Prima ancora quegli stessi microrganismi avranno sintetizzato varie vitamine, ad esempio del gruppo B, quelle che l’uomo è costretto ad assumere come integratori quando decide di “imitare” i bovini, allontanando la carne dalla propria dieta.

È grazie a questa straordinaria sinergia fra animale e microrganismi del suo rumine che il bovino può assumere vegetali di scarso valore nutritivo, come la paglia o lo stocco di mais, per fare un esempio, e trasformarlo in carne e latte. Ma per mantenere il delicato equilibrio biochimico che si realizza nel rumine, occorre grande attenzione a come viene composta la dieta dell’animale. Vale per gli animali in stalla, ma anche per quelli al pascolo.

Non conta solo la quantità, ma anche la qualità delle essenze foraggere e persino la lunghezza delle loro fibre, come pure il rapporto fra energia e proteine che contengono.

Al rumine e al suo lavoro la ricerca in campo nutrizionale ha dedicato un’attenzione “maniacale”, che non ha mancato di dare frutti straordinari. Oggi, con la metà dei bovini presenti in Italia rispetto al secolo scorso, si produce la stessa quantità di carne e di latte di allora. Un merito da condividere con il costante lavoro di selezione e miglioramento genetico delle razze bovine, accompagnato da un affinamento del management di allevamento, sempre più attento alle esigenze degli animali anche sul fronte del loro benessere.

Ottenere di più con meno non è solo una mera questione economica. Si riduce l’impatto ambientale e si ottimizzano le risorse disponibili. E, cosa che non ha eguali, si è migliorata la qualità dei prodotti animali e persino la loro sicurezza, da sempre su livelli eccellenti. Ai bovini e al loro rumine l’umanità dovrebbe essere grata.

A cura di
Angelo Gamberini

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