Per far fronte all’aumento mondiale della domanda di prodotti di origine animale e rispettare le emergenti necessità ambientali, il settore zootecnico sta re-ingegnerizzando i suoi processi produttivi, con l’obiettivo di ridurre le emissioni, limitare i consumi di acqua, migliorare il benessere degli animali e degli operatori di settore, mantenendo comunque alti gli standard di sicurezza alimentare e sostenibilità nella sua triplice accezione (ambientale, sociale ed economica).
Le filiere delle carni, infatti, dovranno garantire dei prodotti accessibili a tutte le fasce di reddito senza dimenticare l’importanza di preservare le tradizioni locali e il paesaggio rurale che le ospita.
In questo l’Italia, negli ultimi anni, si è già dimostrata un Paese vincente, soprattutto per i progressi fatti nella filiera delle carni bovine circa le emissioni in atmosfera (1).
Riduzione delle emissioni: Quale impronta di carbonio ha l’allevamento bovino in Italia?
Dal confronto effettuato tra l’impronta di carbonio della produzione delle carni bovine italiane rispetto alla media mondiale (2), emerge chiaro come le emissioni del settore bovino italiano siano meno della metà rispetto alla media delle emissioni degli altri Paesi (10,4 vs 25,3 kg di CO2 per kg di carne), ponendo il nostro Paese fra i più virtuosi al mondo (1).
Oltre a questo dato incoraggiante è interessante notare anche come, spesso, nella valutazione della filiera bovina, venga sottovalutato il potere di mitigazione delle emissioni operato dalle colture foraggere destinate all’alimentazione degli animali che, in quanto vegetali con capacità fotosintetiche, hanno un potere di fissazione di carbonio in grado di compensare le emissioni di gas serra delle fasi successive, portando il sistema nel suo complesso a bilanciarsi e partecipare alla cosiddetta carbon neutrality (3).
Questo obiettivo, oltretutto, dovrebbe basarsi su una distinzione più attenta anche circa i diversi gas a effetto serra, poiché tra loro presentano un impatto differente in termini di emissioni e permanenza in atmosfera. Ma cosa significa?
Le emissioni di gas a effetto serra sono convenzionalmente espresse in peso di CO2 equivalente (CO2eq) secondo il potenziale di riscaldamento globale (GWP), un valore attribuito ai diversi gas da standard fissi (4). Per quelli emessi dal settore dell’agricoltura e dell’allevamento, oltre all’anidride carbonica (CO2), vengono considerati determinanti anche il metano (CH4), che equivale a 25 CO2eq, e il protossido di azoto (N2O), che equivale a 298 CO2eq.
Questi valori fissi, tuttavia, non considerano la differente emivita di questi gas in atmosfera, ovvero il tempo necessario affinché la concentrazione di una sostanza si riduca a metà di quella iniziale.
A tal proposito, CO2 e N2O, permangono in atmosfera per diverse centinaia di anni, mentre il metano, principale gas climalterante attribuito all’allevamento, ha un’emivita di soli 8,6 anni, un tempo non sufficiente affinché il gas si accumuli in atmosfera e pertanto non in grado di contribuire realmente al riscaldamento globale.
Considerando così il perdurare del gas in atmosfera, dal confronto tra le emissioni di CH4 del sistema italiano negli ultimi 30 anni (5), è dunque facile capire quanto in realtà questo dato presenti un tasso di riduzione tale (-0,66%), da partecipare addirittura alla soluzione del problema del riscaldamento globale (1).
- Pulina, G.La sostenibilità della produzione delle carni in Italia. Giuseppe Pulina
- FAO, (2021). Global Livestock Environmental Assessment Model (GLEAM). https://www.fao.org/gleam/en/
- De Vivo, R., & Zicarelli, L. (2021). Influence of carbon fixation on the mitigation of greenhouse gas emissions from livestock activities in Italy and the achievement of carbon neutrality. Translational Animal Science, 5(3), txab042.
- IPCC, 2019. Climate Change and Land. https://www.ipcc.ch/srccl/.
- ISPRA, 2021. Italian greenhouse gas inventory – 1990-2019. ISPRA, Rapporti 341/21. ISBN 978-88-448-10467.