Proviamo a entrare insieme in un allevamento di bovini. Troveremo molte tecnologie tese a garantire il maggior benessere possibile per gli animali. A iniziare dalle attrezzature più semplici, come i grandi ventilatori per muovere l’aria e combattere il caldo o le doccette che nebulizzano l’acqua nelle ore più calde dell’estate. Il freddo fa meno paura. Ci ha pensato madre Natura a dotare gli animali di un buon mantello. All’allevatore resterà solo il compito di evitare eccessive correnti d’aria.
Poi un tripudio di tecnologie digitali, a iniziare da quelle per identificare gli animali e misurarne i parametri di salute, capaci di misurare dettagli come l’andamento dei processi digestivi. Sensori di temperatura e umidità provvederanno ad aprire e chiudere finestre, accendere e spegnere luci, somministrare alimenti, controllare con videocamere i movimenti. E quando occorre allertare l’allevatore per richiedere il suo intervento.
Aver attrezzato in questo modo le stalle non è solo un aiuto al lavoro dell’allevatore. Sono strumenti ormai indispensabili per garantire il benessere degli animali. Che non è quello idealizzato da una visione antropocentrica e distorsiva di un’agricoltura bucolica e romantica. Bensì quella definita dalla scienza che riassume il benessere animale in cinque libertà: dalla fame, dai disagi ambientali, dalle malattie, dalla paura, dalla costrizione (dunque libertà di comportamenti naturali). È esattamente quanto viene assicurato in ogni allevamento protetto, termine che dovrebbe sostituire quello di intensivo, spesso additato erroneamente come un luogo inospitale e inadatto agli animali.
Quando ci propongono immagini di animali ammassati l’uno sull’altro, in ambienti sporchi e polverosi, certo anche maleodoranti, non siamo di fronte a un allevamento, ma a un illecito, da denunciare e perseguire. Lo prevede la legge, che in tema di benessere negli allevamenti è precisa e severa. Per fare qualche esempio, nel caso dei bovini sono state da tempo vietate le gabbie per i vitelli. Le troveremo solo quando necessarie per i giovani animali (ma solo nelle prime settimane di vita) oppure nelle “infermerie”, per favorire la guarigione dei malati. Per ogni animale in allevamento è poi fissata la superficie a disposizione, lo spazio procapite delle mangiatoie, la qualità dell’acqua e dell’aria e via elencando.
Ma non si creda che gli allevatori provvedano al benessere degli animali perché lo impone una legge. Semmai si adegueranno a essa per alcuni dettagli, ma il benessere degli animali è la prima preoccupazione di ogni allevatore professionale.
Animali stressati, denutriti e spaventati o peggio ancora maltrattati, sono destinati ad ammalarsi o nella migliore delle ipotesi a ridurre il loro potenziale produttivo. In altre parole, l’azienda che non rispetta il benessere degli animali è destinata al fallimento. È solo questione di tempo.
Negli allevamenti protetti si vuole andare oltre il rispetto delle norme, oltre il semplice benessere animale. Non solo per motivi etici. Ambienti più confortevoli, alimentazione controllata e bilanciata, sistemi di monitoraggio delle condizioni ambientali assicurano animali in perfetta salute. Evitando così malattie il cui costo è doppio, prima per le cure necessarie, poi per le mancate produzioni che ne conseguono.
Questo impegno, più diffuso di quanto si vuol far credere, sfugge però al consumatore, che pure si dice ben disposto a scegliere carne che proviene da allevamenti dove si rispettano i canoni del benessere animale. Troppo anonimi i prodotti di origine animale, che si limitano a farci conoscere nella migliore delle ipotesi il luogo di provenienza della materia prima.
Ma qualcosa, seppure lentamente, si va facendo. Molte le attività delle singole organizzazioni di settore. A queste si aggiungono le iniziative dell’amministrazione pubblica, come il recente SQNBA, cacofonico acronimo di Sistema di qualità nazionale per il benessere animale, che si propone attraverso un apposito sistema di certificazione di valorizzare le produzioni animali ottenute con criteri di eccellenza sul fronte del benessere animale.
Tutte queste iniziative, impossibile ricordarle tutte, pagano tuttavia lo scotto di una scarsa conoscenza da parte del consumatore e di un’altrettanto scarsa penetrazione sul mercato. Ci sarà tempo per migliorare, intanto si prenda atto che ogni bistecca che arriva sulle nostre tavole, proviene da soggetti in perfetta salute e allevati nelle migliori condizioni, rispettando i criteri alla base del benessere animale.